La famiglia Lodi e la mia famiglia
Questa è la vicenda umana che ha legato con un vincolo di amicizia due famiglie.A Bologna – nel 1944 - diverse famiglie, quelle che potevano, pensavano come allontanarsi dalla città. Chiedevano ai vicini ed ai conoscenti notizie e consigli sulla sicurezza nei paesi della provincia, quelli lontani dalle più importanti vie di comunicazione che erano soggette ai frequenti bombardamenti aerei.
Ancora più preoccupante era la situazione di chi abitava , come la mia famiglia, nei pressi della stazione ferroviaria, già da allora uno degli snodi più trafficati.
Anche tra i ferrovieri di Bologna, questi interrogativi erano frequenti, se ne parlava tra colleghi. Mio padre che lavorava presso il deposito locomotive, conosceva per motivi di servizio diversi macchinisti, tra cui anche Pietro Lodi, il babbo di Vincenzo e Giuseppe.
Non è da escludere che in quei colloqui si sia parlato del fatto che la mia famiglia si era già trasferita a Gaggio, anche perché noi non avevamo altre scelte. La nostra casa era piccola, vecchia, senza le più elementari comodità ma, al momento, sembrava in un paese tranquillo.
Anche i familiari del sig. Romualdo Bettini, ferroviere a Bologna e nostro vicino di casa, e cioè la moglie Adolfa ed il figlio Virgilio, si erano sistemati a Gaggio. E così, quasi sicuramente, pensò di fare anche il sig. Pietro. E vennero a Gaggio.
Virgilio Bettini e Vincenzo Lodi divennero ben presto conoscenti ed amici. Furono temporaneamente ospitati presso alcune famiglie, tra cui anche quella di Vittorino Poggi; poi dalla famiglia Cecchelli a Cà del Ponte, dove nacque l’amicizia tra i seminaristi don Giuseppe Lodi e Carlo Cecchelli.
Ma la casa era affollata, per cui alla sera don Pino andava a dormire in canonica presso l’Arciprete don Oreste Marchi.
Quasi tutti i giorni la sig.ra Abbondanzia Borruto – detta Dina – moglie di Pietro Lodi, saliva faticosamente lungo la via e sostava davanti alla mia dimora, sia per riprendere le forze, sia per scambiare una cordiale conversazione con mia mamma. Di cosa potevano parlare le due mamme? Solo dei loro figli!
Di mio fratello, militare della polizia ferroviaria, dalla quale poi disertò portando assieme ad altro collega, due zaini pieni di armi e munizioni ai partigiani di Montefiorino.
E la sig.ra Borruto? Dei suoi due figli: di don Pino da poco ordinato suddiacono da S.E. il Cardinale G.B.Nasalli Rocca e di Vincenzo che aveva dovuto interrompere gli studi universitari di medicina.
Ma anche sulla strada che attraversa il centro del paese, cominciarono a passare verso sud i camion che trainavano cannoni e quelli pieni di militari tedeschi. La famiglia Lodi preferì sistemarsi lontano dalla strada e salirono verso la zona di Ronchidos.
Poi si intensificarono i bombardamenti aerei su Bologna.
Pietro Lodi e mio padre, in quanto ferrovieri, erano militarizzati. Subirono i bombardamenti, riparandosi come potevano.
Da Gaggio vedevo numerose formazioni aeree che si dirigevano verso Bologna.
Un giorno un fatto mi terrorizzò. Il passaggio di tanti grandi aerei vicinissimi gli uni agli altri, seppure a quote diverse, proiettava un’ombra sulle case del paese.
Per qualche breve tempo, dopo i bombardamenti su Bologna, mio padre telefonava al posto pubblico telefonico che esisteva in casa di Cirillo, in fondo al paese. C’era fissato al muro un vecchio telefono a manovella, ma funzionante e così venivamo tranquillizzati. Un giorno fummo informati che una bomba era caduta sul davanzale della finestra della mia casa,in Bologna, non era esplosa, ma lo spostamento dell’aria aveva distrutto l’appartamento.
Poi la linea telefonica fu interrotta. Allora mio padre utilizzando il telefono interno delle FF.SS. chiamava la stazione di Porretta. Il suo collega di Porretta telefonava al fratello di mio padre, unico dipendente della S.B.E. (l’attuale ENEL), in Porretta e così le notizie continuarono a pervenire. Poi mio padre disertò, anche il sig. Pietro abbandonò il posto di lavoro, entrambi rischiarono la condanna a morte, e si ritrovarono a Gaggio.