Giancarlo Macciantelli©2013
IL SIG. MARINO DI GAGGIO MONTANO
Tanti anni addietro, una persona di Gaggio , della quale ho sempre conosciuto solo il nome: Marino, venne nella mia dimora al Poggio, per raccontarmi quanto accadde verso la fine del settembre 1944 nella zona di Ronchidos.
Mentre egli parlava, io iniziai a trascrivere ciò che mi andava dicendo e cioè testualmente quanto segue:
” ravamo tre fratelli e andammo a Ronchidos di sopra, con il bestiame, al fine di salvarlo. Un agricoltore di cognome Iatoni che era nascosto nel fienile, disse alla moglie : < Fonsa, portami da mangiare >
Ma un soldato tedesco sentì la frase e lo cercarono e lo presero.
Io e altri due o tre eravamo nascosti nella buca di una bomba di aeroplano, poi andammo verso le case, ma fummo presi dai tedeschi.
Un altro soldato che doveva essere di origine polacca, mi prese e mi incaricò di aiutarlo in cucina a spennare le galline e a sventolare la carbonella nel fornello.
Il giorno 27/9/1944 dopo circa le ore 13.30’/14 i partigiani spararono alcuni colpi, i tedeschi risposero al fuoco ma, a causa della fitta nebbia, si ferirono tra loro e così iniziò la sparatoria.
I tedeschi venivano dalla fontana di Cassara.
Presenti c’era anche la Sara Barzini che riuscì a salvarsi, oltre alla Sara Lenzi; mio fratello era con Tanari Bruno, c’era Attilio Lenzi padre della Sara, che è la moglie di Gino Lenzi.
A Ronchidos di sotto, i civili rimasero dal pomeriggio del 27 alla mattina del 29/9.
Conobbi la famiglia Lodi, che il 29/9 era a Ronchidos di sotto assieme a 30/35 persone.
I tedeschi sparsero la voce che avrebbero portati nel modenese i civili prigionieri.
Invece verso le ore 10 o 11 del mattino del 29/9 da Ronchidos di sotto li portarono a Cason dell’Alta.
Il soldato tedesco, di origine polacca, mi fece scendere i tre gradini dall’esterno della casa di Ronchidos di sotto e mi fece andare nel seminterrato a raccogliere con un paniere la carbonella per i fornelli, ma io invece volevo andare al Cason dell’Alta, insieme agli altri, tra i quali avevo visto un mio fratello.
Riempii il paniere con la carbonella e lo portai al soldato, il quale cominciò a colpire il paniere con piccoli calci, rovesciandolo e costringendomi a tornare a riempirlo con la carbonella.
E così per varie volte.
Io volevo andare da mio fratello, ma il soldato mi teneva stretto e mi impediva di unirmi agli altri che vedevo passare davanti alla casa e così dovetti rimanere a Ronchidos di sotto.
Poi il soldato, che poteva avere 35/40 anni, mi fece vedere una foto di un bimbo piccolo di 3 o 4 anni.
Penso che fosse suo figlio.
Io ero normalmente a Ronchidos di sopra, ma il 29/9 ero a Ronchidos di sotto in cui vidi anche Vanni e vidi andare verso il Cason dell’Alta , un gruppo di 30/35 persone tra cui la famiglia Lodi.
Poi sentii gli spari e vidi il fumo del pagliaio che stava bruciando.
Più tardi, verso sera, il polacco – che non parlava italiano – mi indicò con la mano la porta e con gesti della mano mi fece segno di uscire e di andare via; e così feci e mi salvai."
Versione raccontatami a voce dal sig. Marino, nella mia dimora in Gaggio Montano, mentre grosse lacrime continuavano a scendergli dagli occhi, bagnandogli la giacca.
Vedendo la sua sofferenza e notando la sua tristezza nel ricordare i particolari dolorosi, lo invitai più volte a sospendere il racconto, ma lui mi disse in dialetto gaggese che queste cose a me le voleva dire e piangendo continuò a parlare.
Il raccogliere questa testimonianza, raccontatami con semplici e accorate parole dialettali, causò in me una sincera partecipazione al dolore del sig. Marino.
Stavo per piangere anch’io!
Ne rimasi profondamente colpito, anche perché in quei giorni di fine settembre 1944 con la mia famiglia ero nella casetta del Poggio e tutti noi sentimmo gli spari, le pallottole che sibilavano e l’acro odore della carne umana che stava bruciando.
Era la rappresaglia nazista.